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Una conversazione con Lillo Giglia

Una conversazione con Lillo Giglia: “la progettazione di nuove governance urbane”

Emmanuele Lo Giudice

QUID vicololuna, Favara (AG), Lillo Giglia

Favara da anni ormai è un vero e proprio laboratorio di sperimentazione architettonica e modello di rigenerazione urbana studiato in tutto il mondo grazie al lavoro instancabile di Andrea Bartoli e di Florinda Saieva. Uno dei protagonisti di questa avventura è l’architetto Lillo Giglia, che ho avuto modo di conoscere personalmente durante una mia conferenza al “SI – South Italy Architecture Festival”, in festival internazionale di Favara.

ELG: L’estate scorsa abbiamo avuto modo di conoscerci e in quella occasione ho potuto visitare dal vivo tre dei tuoi lavori più importati: il QUID Vicololuna, Casa Farace e If Livreri. Lavori che trovo interessantissimi. In particolare mi piacerebbe che ci parlassi del tuo progetto QUID vicololuna, forse il tuo progetto più rappresentativo.

QUID vicololuna, Favara (AG), il prima e dopo l’intervento di Lillo Giglia

 

LG: Anche per me è stato un piacere conoscerci, tra tanti progetti in effetti il QUID vicololuna è uno di quelli a cui sono più legato in quanto è stato il mio primo progetto. Come ti ho raccontato nel nostro incontro, all’inizio il suo comparto urbano si presentava in condizioni di notevole degrado, con parti edilizie crollate, e numerosi edifici in disuso; ricompone un’identità vitale nel fragile tessuto urbano, unendo istanze di conservazione, ricostruzione e ricomposizione in un disegno equilibrato, che ragiona sull’intersezione fra componenti tradizionali e misurata trasformazione contemporanea, secondo un’idea di relazione fra gli spazi aperti e gli elementi costruiti all’interno dell’intervento. Nello stesso tempo, si avvalora pienamente la forma di un esempio di integrazione. Conservare significa riprendere la materia costruita ed operare in sintonia con alcuni principi che raccolgono e riorientano la memoria: i volumi dispiegano equilibrio nella ricostruzione, i materiali si rifanno ai caratteri neutri degli intonaci, per i quali la finitura appare volutamente poco raffinata, nella ricerca di un orientamento concorde di valenza superiore nei confronti del tessuto urbano circostante. Il “QUID vicololuna” è un centro polivalente, in cui si aprono spazi alla

Il giardino del ristorante del QUID
Il ritratto pointilliste di Le Corbusier

convivenza civica, al ristoro, alla possibilità di riunire pensieri e persone in un luogo che accoglie, nella coerenza di un progetto d’architettura che crede nei valori civili del costruire.  La corte, con giardino diventa luogo che induce alla riflessione, luogo di transito passando dagli affacci su strada, luogo in cui si riversa la compresenza di tradizione e contemporaneità, sotto il ritratto pointilliste e sintetico di Le Corbusier, che sembra dare uno sguardo complice al nuovo progetto. Pareti sulla corte e pareti esterne: i lacerti murari di pietre locali compongono un colloquio sapiente con gli intonaci chiari, in cui si inquadra il portale nobile, mentre le aperture finestrate spiccano con una sequenza raffinata, che lavora sull’aggetto delle cornici. Pareti vetrate verso corte aprono una visione sugli interni, sulla complessità di spazi che ripercorrono la logica della decorazione nel recupero di ceramiche, trasposte e distese a parete con un senso di preziosità antica, e nelle tonalità calde della coloritura di parete, seguendo un itinerario di conoscenza nelle stanze lungo i due livelli dell’edificio, stanze che accolgono e stimolano al vivere e all’abitare gli spazi del centro polivalente “vicolo Luna”, con raffinatezza di sensazioni. Nella conoscenza del luogo si articolano decisioni progettuali di una contemporaneità consapevole, orientata ai principi del saper costruire e del saper ottenere elevati livelli di qualità abitativa, nel riflesso delle esigenze che evolvono e delle prestazioni che si raffinano nella complessa dimensione di una “fisica dell’edificio”.  I progetti di QUID vicololuna, Casa Farace e di IF procedono sulla scorta di questi parametri di attenzione, razionalità ed espressività.

ELG: Il tuo lavoro si inserisce all’interno del programma di rigenerazione urbana di Favara che trova nel Farm di Andrea Bartoli e di Florinda Saieva i motori di un progetto che è diventato ormai un modello urbano da seguire. Ci può parlare meglio di questa realtà e il tuo rapporto con il Farm?

LG: Prendo in prestito le parole del nostro amico Charles Landry. “Questo luogo ha un atmosfera visionaria, ti tira su giorno dopo giorno. Ti senti tutt’uno con te stesso e con la tua città. Offre un livello elevato di esperienza in ragione della sua bellezza, il suo spirito di possibilità e di eccitamento.” Parlare di Favara, oggi, significa poter conoscere (ed esserne partecipi, in misura ideale o fattiva) il grande sviluppo civile e sociale di questi ultimi anni, innescato da una cultura che è attiva, che propone e trasforma, nello stimolante percorso indirizzato dal notaio Andrea Bartoli e dalla moglie Florinda Saieva, illuminate figure intellettuali e mecenati, attraverso le iniziative di Farm Cultural Park. Siamo Ri-partiti dal centro storico, depauperato nel tempo dal tempo, dai suoi spazi vuoti, dagli edifici dismessi e dagli interi comparti di quartieri abbandonati.

L’ingresso del FARM

Favara, oggi, risponde con il riuso alle esigenze di una società che cambia, le macerie diventano nuovi spazi urbani e l’antico diventa nuovo. Farm Cultural Park è ideata come una FABBRICA DELLA RIGENERAZIONE per produrre una RIGENERAZIONE CONTINUA dagli EFFETTI VIRALI, ma nel bene, in altri luoghi: trasforma in modo sorprendente i sette cortili, uno dei quartieri più dimenticati, vecchi e malati della città, in un polo culturale turistico contemporaneo, diffuso ed a cielo aperto, e sconvolge l’immaginario collettivo unendo le foto provocatorie di Therry Richardson, di Max Papeschi e l’ingenuità degli anziani del quartiere ormai perfettamente integrati in questa sorprendente realtà. Si basa su una capacità di immaginare soluzioni non scontate, è una proposta che coniuga arte, cultura, commercio, intrattenimento e spazi didattici per adulti e bambini. La Farm Cultural Park si propone come un nuovo modello di recupero urbano e, soprattutto, di economia creativa in grado di favorire la crescita di un luogo comune divenuto centro di un fermento artistico capace di attrarre, ad ogni evento, migliaia di visitatori tra turisti stranieri e siciliani provenienti da ogni parte dell’isola. Diventa un cocktail nuovo ed esplosivo per una Sicilia abituata al lamento piuttosto che all’azione. I Sette Cortili sono oggi, secondo uno dei principali blog magazine di viaggi della Gran Bretagna, al sesto posto tra i parchi più belli del mondo dopo Firenze, Parigi, Bilbao, le Isole Greche e New York. Favara adesso è un luogo privilegiato della contemporaneità in arte e architettura: una complessa e caparbia opera culturale che ha trasformato un’intera città verso una rete di relazioni che sorpassa il puro ambito locale e regionale. Farm Cultural Park è un progetto in continua evoluzione, autofinanziato e indipendente. A breve sarà costituita la spaB Società delle BUONE AZIONI che si assumerà il compito corale di riprodurre il fenomeno. Società per Azioni BUONE ha come missione, non la singola realizzazione di un progetto specifico ma sognare, progettare e costruire il futuro di Favara: immagina un nuovo disegno della città ponendo le persone al centro del progetto. Da membro attivo (Ambassador) di Farm Cultural Park, da architetto, da operatore culturale e cittadino della mia comunità mi sento anch’io “responsabile” del processo rigenerativo intrapreso e del cambiamento. Siamo tutti consapevoli che è arrivato il momento, a livello individuale e collettivo, di unire le forze per far diventare Favara quello che sogniamo e desideriamo che accadesse nei prossimi 10-20-30 anni. Per noi, ma soprattutto per i nostri figli e per le future generazioni. Il progetto Favara “FAVARA FACTOR” (definito così dal nostro amico, nonché anche Lui ambassador di FCP, Maurizio Carta) ci ha insegnato che gli obiettivi raggiunti sono frutto di unità di intenti, entusiasmo e compattezza.

Florinda Saieva e Andrea Bartoli

Tutti facciamo un po’ di tutto e, soprattutto, lo facciamo insieme. Ciascuno rinforza l’altro e questo genera una spirale positivamente virtuosa.  L’unità della comunità Farm è un’alchimia che nessuno riuscirà mai a esprimere in una formula: si forma attraverso esperienze comuni, collaborazioni, alcuni progetti non riusciti digeriti in modo costruttivo, momenti felici e di sconforto, volontà di riscatto, capacità dei leader di empatizzare e di far sentire importanti tutti gli attori. Non si può sintetizzare in laboratorio: è un composto naturale e ha una potenza micidiale.

ELG: Stiamo vivendo incredibili trasformazioni in questi ultimi anni e l’architettura si trova oggi al centro di una vera e propria metamorfosi e ridefinizione di se stessa. Che cos’è per te l’architettura? E che futuro vedi per l’architettura? 

Florinda Saieva, Emmanuele Lo Giudice, Lillo Giglia

LG: L’architettura contiene un mondo fantastico ed è una disciplina complessa che svolge lavori e funzioni differenti all’interno del grande bacino della ricerca urbana attraverso la creatività, la ricerca, l’innovazione e il desiderio di migliorare il mondo attraverso una quotidianità gioiosa. L’architettura da sempre rappresenta un’importante sfida: quella del desiderio che diventa realtà, del sogno che si trasforma in qualcosa di fruibile a tutti. Credo che l’architettura ci consente di produrre beni pubblici e di conseguenza ricchezza aggiuntiva al territorio. Nel nostro caso, l’architettura diviene catalizzatore sociale: rappresenta la grammatica nel lessico del rinnovamento culturale, linfa di nuovi processi di rigenerazione, strumento necessario del fare intelligente. In una città come Favara dove per anni si è costruito senza alcun progetto e il cambiamento non si osava neppure immaginarlo si è dimostrato, attraverso queste azioni, che il cambiamento è stato possibile. C’è attenzione al progetto che si diffonde, c’è una coerenza di una attività che indaga – anche con finalità didattiche – il territorio, il tessuto urbano, l’operatività concreta. Immaginiamo uno sviluppo attraverso “la progettazione di nuove governance urbane”, le quali innescheranno dinamiche virtuose di inclusione sociale, dove tutti possono diventare attivi protagonisti: al centro “il cittadino, il suo benessere, il suo sviluppo”. Le nostre esperienze, le visioni e i nostri sentimenti confluiscono in desideri e sogni: desideriamo vivere in una “città contemporanea e intelligente”, sicura, resiliente e sostenibile; sogniamo di vivere in un ambiente urbano a misura d’uomo entro il quale innovazione tecnologica e sociale si fondono; sogniamo inoltre una realtà in cui saranno gestite politiche locali attraverso oculate gestioni delle risorse energetiche, ambientali ed economiche, al fine di garantire lo sviluppo urbano in numerosi settori. “In una città più bella si esprimono più desideri, si vive più contenti” e questo è a dir poco fantastico!

 

 

Lillo Giglia, Casa Farace, Favara (AG)

Lillo Giglia, If Livreri, Favara (AG)

 

Note biografiche

Ritratto di Lillo Giglia

Lillo Giglia, dopo essersi laureato a Palermo sceglie di ritornare a Favara e dal 2004 svolge attività professionale singola e associata, realizzando interventi di architettura residenziale, architettura degli interni, architettura sacra, allestimenti artistici e interventi di recupero nei centri storici ricevendo riconoscimenti significativi nel panorama internazionale e raccogliendo consensi da parte della critica e della stampa specializzata. Tra i vari progetti e premi è importante ricordare nel marzo 2016 ha vinto il concorso nazionale di progettazione per il Nuovo Complesso Parrocchiale Santa Barbara a Licata Ag (in corso di realizzazione). Nel 2018 è stato uno dei 60 architetti selezionati da Mario Cucinella per esporre al Padiglione Italia (Arcipelago Italia) della XVI Mostra internazionale di Architettura a Venezia 2018. Nel 2019 ha partecipato alla Biennale di architettura di Pisa – III Edizione “TEMPO D’ACQUA”.

Con il progetto QUID Vicololuna, ha vinto il primo premio RI.U.SO_05 (Venezia 2016), promosso dal CNAPPC, il primo premio Mediterranean “Mimar Sinan” Prize (Istanbul 2018), il BigSEE Tourism Design Award 2020 (Lubiana 2020) e il primo premio IN/ARCH Sicilia Calabria (interventi di rigenerazione urbana). Con Casa Farace ha ottenuto una “menzione speciale” al premio HÄUSER AWARD 2021 (Amburgo). Nel 2021 è ufficialmente nominato per il European Union Prize for Contemporary Architecture – Mies van der Rohe Award. 

 

 

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